Parola di “nonno Libero”
Questo interessante e originale libro è come la sceneggiatura di una puntata del “Medico in famiglia”. Mi sono detto: «Ma che cose belle scrive questo nonnetto!». Poi ho saputo che l’autore ha appena festeggiato i 92 anni. Invece di appendere la penna al chiodo ha ancora voglia di scrivere. E lo fa con la freschezza e la passione di un giovane. E, sorpresa delle sorprese, ho scoperto che è pure un “don”! Don Pino!
Penso che il nostro “don” non si sia offeso che l’abbia chiamato “nonnetto”. Non lo è geneticamente; ma lo è sicuramente per l’età e perché come tutti i nonni è un educatore, un “grande” educatore.
Come dimostrano i consigli, i suggerimenti e le riflessioni che semina in queste pagine gustose e indispensabili. Sono tante pillole di saggezza che spaziano dall’arte di raccontare le favole a come giostrarsi nel mondo digitale. Mi piace molto anche quello che scrive sul gioco che definisce «la vitamina psicologica perfetta perché costruisce la felicità del bambino». L’ho sperimentato anch’io: funziona! Una volta mia figlia Rosanna mi ha beccato a casa mentre stavo giocando con suo figlio, nonché mio nipote Pietro, che aveva 4-5 anni.
Ormai è grandicello come l’altra nipote Virginia. 5 Mi ha visto steso per terra mentre facevo il cavallo e mio nipote mi dondolava a cavalcioni. «Ah, bravo il mio papà!» – mi disse. – «Con me non l’hai mai fatto quando ero piccola! Adesso fai addirittura il cavallo nonostante la pancia che hai».
Quella volta mi sono reso conto che alcune cose che fai da nonno non le facevi da papà. Questo passare del tempo e giocare con i piccoli l’ho imparato da “nonno Libero”. Un titolo che mi dà tante soddisfazioni soprattutto quando incontro i bambini. Vogliono farsi fotografare con me mentre mi abbracciano con una tenerezza come se fossero miei nipoti. Noi nonni siamo quasi 13 milioni in Italia. Ma se i giovani non fanno figli, noi nonni scompariremo! Ecco perché dobbiamo aiutarli, sostenerli. Noi esistiamo in funzione di loro e loro sono rassicurati dalla nostra presenza. Questa è la forza della famiglia. Trovo avvincente anche il discorso che affronta don Pino sulla “sfida al digitale”. Con i miei nipoti ho sperimentato che bisogna imparare il loro linguaggio. Quello digitale. appunto. Alla mia età non posso seguirli sul computer.
Ci capisco poco. Sono capace solo di fare i messaggini, anche se con un po’ di fatica perché trovo complicato scrivere con i miei ditoni sul telefonino. Ogni dito prende tre o quattro lettere e vengono fuori delle frasi strane. Hanno tentato inizialmente di spiegarmi come fare il “nonno digitale”. Ma come faccio 6 io a rispondere tutti i giorni alle tre generazioni che mi amano e con cui sono… in connessione continua! Se dovessi, poi, aprire una pagina Facebook dovrei avere tre impiegati che rispondano tutto il giorno. Perché non puoi fare l’artista importante, ti fai le foto o il selfie che non posso vedere perché vengo sempre con un faccione così, se poi trascuri chi vuole comunicare con te. “Nonno Libero” non solo mi ha insegnato molto ma mi ha fatto diventare il “nonno d’Italia”. Un titolo che mi piace anche perché mi ha aperto la strada dell’amicizia con Papa Benedetto.
È andata così. Nel 2006 ero stato invitato all’incontro mondiale delle famiglie che si teneva a Valencia (in Spagna). Mi chiamarono perché come uomo di spettacolo avevo interpretato personaggi dai buoni sentimenti e rappresentavo la famiglia di un certo tipo. E, cosa non comune per il nostro ambiente, ero sposato allora da quasi 40 anni (oggi siamo arrivati a quasi 60) con mia moglie Lucia. Prima del discorso del Papa, fui chiamato sul palco davanti a una platea immensa che riempiva lo stadio. In mondovisione pensai di fare un po’ lo spiritoso e il comico dentro una cornice serissima. Sulla falsariga di un testo spagnolo presi a parlare del medico in familias, in Italias, alla televisiòn, a las tardas…
E Papa Benedetto era a due metri da me che mi osservava attentamente. A un certo punto mi feci serio e dissi: «E mi 7 chiamano “il nonno d’Italia”. Beh, se io sono il nonno d’Italia, sua Santità è “el abuelo del mundo”, il nonno del mondo. Il Papa sorrise alla mia battuta mentre lo stadio esplodeva in un gigantesco applauso. Al termine della sua splendida omelia, Benedetto si rivolse così al pubblico: «Volevo, poi, ringraziare l’attore italiano che mi ha definito l’abuelo del mundo». Altro grande applauso. Cominciai allora a darmi delle arie e dissi ai miei vicini: «Ormai il Papa e io siamo diventati amici». E lo siamo diventati davvero. Ero rimasto talmente affascinato dalle sue parole che, nella mia follia di attore, mi misi in testa di andarlo a trovare.
Scrissi, allora, una lettera al suo segretario mons. George Gänswein. Pensavo di non ricevere risposta e, invece una settimana dopo, mentre stavo andando a Cinecittà a registrare una delle 130 puntate del “Medico in famiglia”, squillò il mio cellulare: «Banfi, ogni promessa è un debito. Sua Santità l’aspetta. Quando vuol venire?». Pensavo a uno scherzo, invece era mons. Georg. «Vengo subito, anche adesso». Il giorno dopo fui ricevuto dal Papa nel suo piccolo monastero, una vera oasi di pace. Credevo di trovare il Papa un po’ giù. Invece aveva una bella postura. Mi accolse nel suo salotto, tutto bianco. Si accomodò sulla poltrona accanto al pianoforte con lo spartito aperto su un pezzo di Bach e mi disse: 8 «Adesso, Banfi, mi racconti tutta la sua vita». «Eh, Santità, ci vorrebbero tanti giorni…». Chiacchierammo per quaranta minuti. Al termine dell’incontro, mentre mi accompagnava all’ascensore, ebbi il coraggio di chiedergli un favore non da poco: «Santità, io faccio l’attore di professione.
E adesso, come faccio a raccontare al mio mondo, che come sa è un mondo pazzo, che sono stato a parlare con lei. Non mi crederà nessuno. Non c’è una prova che io possa esibire?». Lui mi guardò come a dire: «Che ti posso fare io?». «Scripta manent, Santità, una cosa scritta, dove lei mi dice che noi due siamo amici…». «Va bene, sarà fatto». Dopo una quindicina di giorni, con mi grande sorpresa, mi arrivò un bellissimo quadro con una cornice d’argento e la foto sorridente di Papa Benedetto. Con la dedica, scritta con la sua tipica grafia minuta: «All’amico Lino Banfi. Benedetto XVI». Per me è stato come ricevere un piccolo Oscar alla carriera. Ho avuto la fortuna di incontrare più volte anche Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco. Altri due grandi “abuelo del mundo” con cui ho scambiato battute affettuose che porto con me come vitamine preziose di lunga vita. Siccome oggi ho solo 85 anni, e la cosa si prolungherà (sto già parlando con… Chi di dovere), mi rimane ancora un sogno nel cassetto. 9 Quando il Papa è un po’ stanco o arrabbiato, non deve fare altro che telefonarmi: «Lino, puoi venire dieci minuti?». «Come no, Santità?». Gli racconto due cose, lo faccio ridere e me ne vado… Può essere una professione nuova: il giullare del Papa. Concludendo, faccio mia la bellissima definizione di “nonno Pino” a proposito dei nonni: sono «il più prezioso patrimonio dell’umanità ». Si meritano un vero Oscar ogni volta che difendono e diffondono i valori che purtroppo stanno scomparendo dal nostro mondo: l’amore per la famiglia, il senso del dovere, il rispetto della giustizia, la generosità, l’umiltà…
Se lo meritano ogni volta che mettono a disposizione il loro tempo per venire in aiuto ai genitori che sono fuori tutto il giorno per lavoro e non saprebbero a chi affidare i figli. O per dare una mano ai tanti giovani senza lavoro che, altrimenti, non saprebbero come sopravvivere.
A patto un patto, però, come raccomanda sempre “nonno Pino”: che i miei “colleghi nonni” non siano «appiccicosi, invadenti o troppo indulgenti. Se riusciamo a condire la nostra presenza con un pizzico in più di dolcezza, di pazienza, di amore e di equilibrio non sarà così difficile «spargere polvere di stelle sulla vita dei bambini».
Un ultimo consiglio di “nonno Lino”: insegniamo ai piccoli a “tatuarsi”. Ma non con quei simboli che a volte sono di cattivo gusto, ma a 10 tatuare nel loro cuore i nostri pensieri, la saggezza, i consigli, la nostra giusta complicità con loro. Come premio delle nostre fatiche ci bastano le parole della piccola Federica, 11 anni, che concludono brillantemente questo libro di grande utilità: «I nonni sono persone stupende, anzi, meravigliose e senza di loro non so come noi bambini potremmo essere felici».
Lino Banfi
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